L’anguria imbarazzante!

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Scritto da: stefania

Posso presumere che il gestore degli ombrelloni – 4 file di lettini e ombrelloni Yellow, così li ha chiamati lui per distinguerli da quelli dei vicini, sulla spiaggia di Marmari dell’isola di Kos – fosse in totale buona fede quando ha gentilmente porto ai suoi clienti, pochi per altro, una fetta di anguria da lui stesso tagliata lì in seduta stante sul suo tavolino tutto fare all’ombra della palma.

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È arrivato al nostro ombrellone con in mano un gran sorriso e due fettone dal rosso discutibile. Non era il solito rosso acceso e brillante che ti viene voglia di mordere al primo sguardo. Questo versava verso l’arancio stanco e macerato. Un mattone con venature rossastre e grumoli di semini neri opachi. Ahimè! L’invito era stimolante e l’idea di mordere dell’anguria in spiaggia con 28 gradi a metà ottobre, attizzava. Ma la sostanza non prometteva nulla di buono. Anzi! La stessa densità della polpa non lasciava spazio a dubbi. Atrofizzata su se stessa. Debosciata è innaturale. Inconsistente, come l’interno di una michetta.
Oppure, altra ipotesi piuttosto plausibile, il nostro uomo degli ombrelloni, era leggermente complice della scarsissima qualità dei frutti che ci poneva, ma non se ne è voluto curare più di tanto. Convinto di fare, nonostante tutto, una discreta figura con il suo pubblico.
Io l’antefatto l’ho immaginato più o meno così.
L’uomo delle angurie, produttore o commerciante che sia, stamattina di buonora, prima di recarsi nella sua abitudinaria postazione a bordo strada con furgone dal cassonetto aperto per mostrare la mercanzia – angurie per l’appunto – ha incontrato l’amico, l’uomo degli ombrelloni, e l’ha interpellato con parole del tipo: “Ti lascio volentieri qualche cocomero per i tuoi clienti della spiaggia. Ormai la stagione è finita, sono le ultime, non sono ‘sto granché e anch’io fatico a vendere. Dammi una mano a finirle. Tu fai bella figura con niente, e io mi trovo una birra pagata.”
L’uomo degli ombrelloni ha accettato senza remore, pensando: “Faccio un favore a un amico e riscuoto un bel grazie dai bagnanti accaldati che, quando gli si offre qualcosa a gratis, sono sempre ben contenti e non battono ciglio. Mangiano e ringraziano pure.”
“L’importante è distinguersi.” Diceva qualcuno. Se non ricordo male.
Importante o meno, lo lascio decidere a voi. Io, qualche tentativo di non omologazione, lo pratico. Comunque sia, ho deciso di rischiare e ho assaggiato l’anguria. Un picciolo morso dato con la certezza che fosse assolutamente mal riposto. All’ingoio è stato anche peggio. Faceva decisamente schifo. Calda, pastosa, insulsa e a momenti già acida. Aveva più la consistenza della zucca, con la polpa che si sfilaccia e i semi che si annidano in un tutt’uno, piuttosto che quella dello spavaldo cocomero estivo. Ma oramai il boccone era andato. Ho deglutito per bene, e allontanato a più non posso il retrogusto che stagnava in bocca. Ovviamente del tutto rifiutato l’idea di un secondo morso.
L’uomo degli ombrelloni stava tornando ad afferrare un altro paio di fette per continuare la consegna. Mi ha dato le spalle per un attimo. Pochi secondi sufficienti per lo scatto: giù dal lettino, balzo in avanti, stritolamento della fetta con lavorio di pollice e indice, fetta di anguria spappolata nel cestino.
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Altro giro di spalle e via, un tuffo tra le onde.

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