Una brioche a colazione. Per due

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Scritto da: stefania

“Due cappuccini, una brioche con la crema e una ai cereali.”
Ai cereali ce l’ho fatta a treccia. Va bene lo stesso?”
“Sì, va bene, grazie.”
Sento quella voce dietro di me, alle mie spalle. Mi arriva chiara e diretta all’orecchio sinistro, mentre la mano – della voce – si allunga, si fa spazio e poggia lo scontrino sul bancone. Il mio occhio sinistro scruta quella mano in cerca di altre conferme. È una mano sinistra, rimaniamo su quel versante, e porta la fede. Non lo vedo in volto, dovrei girarmi di quasi 90 gradi, sempre a sinistra, ma in quel modo anche lui vedrebbe me, è quasi scontato. Quindi non lo faccio, non ho nessuna intenzione di incrociare il suo sguardo, di fargli andare di traverso la colazione ancor prima di ingurgitarla, e tantomeno di prodigarmi in un finto interesse sulla salute sua e della moglie decantando un insulso: “Come stai? Come va?…”. Ha ordinato per due e quindi sarà con lei, niente di più ovvio. Di domenica mattina, poi.

Rimango dove sono, nell’angolo del bancone, oltre c’è solo la parete. Finisco il caffè, questione di secondi, mi giro verso il muro e mi defilo dando le spalle ad entrambi. Levandomi di torno faccio spazio, a loro, alla coppia. Una sequenza di fatti che si è già verificata, mi vien da pensare. Oltre vent’anni fa ormai. Certo, nel caso in questione non dà adito a particolari conseguenze.

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Quella volta, invece, quando mi tolsi di torno mollandolo nel parcheggio di casa mia, finì che si sposarono. Lui tornò da lei, una delle sue ex quando stava con me (la più duratura), appena realizzò che con me non sarebbe davvero mai tornato. E da lì a qualche mese si sposarono. Ma non è contro questa situazione che il mio pensiero – ingovernabile – si è infranto. Macché! La mente, più subdola di un serpente e più furba di una volpe, ha voluto farmi rivivere l’episodio che in assoluto ha segnato il nostro rapporto e ne ha inesorabilmente decretato la fine. Un’immagine perfetta che mi si è immediatamente riproposta agli occhi, facendomi andare di traverso la colazione.
Ora, molto più semplicemente, sono nella condizione di sistemarsi entrambi davanti al bancone della pasticceria, e attendere l’esito dell’ordine che lui ha fatto. Perché proprio di lui si trattava. Lo potevo appurare senza incertezze osservandolo da dietro e poi di lato mentre mi dirigevo verso l’uscita del locale. Difficile che mi scorgesse, c’era troppa gente, e io sapevo di lui, ma lui non di me. Le sue attenzioni rimasero rivolte ai cappuccini in arrivo.

Accanto a lui, come supponevo, la moglie. Bassa, magra, biondina, insignificante. La ricordavo vagamente, ma quella era. La sua prima morosa, quella da cui era stata mollato, o forse era successo il contrario, non saprei dirlo con precisione. So di certo che dopo di lei si era messo per qualche mese con una alta più di lui, stravagante, decisamente non il suo tipo. Molto benestante. Ma non era durata, non poteva, non c’entravano niente l’uno con l’altra.

Chissà se anch’io gli ero entrata davvero nel profondo, come lui sosteneva e ribadiva contrastando fin con le lacrime la mia testarda scelta di rompere dopo due anni la nostra relazione, al punto da produrre effetti anche in quel futuro in cui non ero presente nella sua vita. Per le altre è successo. In un modo o nell’altro entrambe hanno avuto parte nella nostra storia, sia durante che a posteriori. Buffo. Si, buffo.

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Ma la mia domenica era appena iniziata e non intendevo appesantirla con retoriche e rigurgiti del passato. Era stato quel che era stato, e che io avevo contribuito a creare. Fine. Vedendolo ho realizzato, una volta di più, che non l’avevo mai veramente amato. Lui, non lo so. Probabilmente l’ha creduto. Ma la velocità con cui è tornato dalla sua ex non depone a suo favore. Nonostante le suppliche che invocavano a un mio ripensamento, nonostante le migliaia di volte in cui si è scusato del fatto – un lapsus diceva, e questo rendeva il fatto ancora più terribile, se ce n’era bisogno – nonostante dicesse di amarmi e desiderare una famiglia con me, nonostante tutto era tornato dalla sua morosa bassa, biondina e insignificante. E si erano sposati.

Oddio! Ci sto ancora pensando. Cammino verso casa e veleggio ancora con lui in testa. Dovevo chiuderla lì. Bisognava portare mente e occhi su altro. Ho preso il telefono e selezionato un nome. Ho chiamato direttamente, nessun temporeggiare con messaggi di perlustrazione. La voce interpellata mi risponde squillante e sorridente. Mi conferma a parole il piacere di sentirmi. Mi aveva pensata, aggiunge, proprio la sera prima. Sono sfrontata e non gli lascio completare le chiacchiere di circostanza. “Hai già fatto programmi per la giornata? Se ti va mi puoi raggiungere, passiamo un po’ di tempo insieme. Qualcosa ci inventeremo… che dici?” Esagero, tanto ormai ci sono dentro… “la fantasia non ci manca…”. La voce si fa una risatina. Complice. Compiaciuta.
Gli uomini sono fantastici! A domanda risposta. E se la proposta è chiara la risposta lo è altrettanto. Mica si perdono in sfumature di “non saprei, ci devo pensare, magari ti richiamo…”.
Al mio orecchio destro arriva chiara l’intenzione: “Dammi venti minuti … mi preparo e arrivo. Porto le brioches? … hai già fatto colazione?”

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